SUPERCELESTIAL

In forma di marketing i brand più gloriosi.

Requiem
Salvatore Fazia

“Ogni uomo dovrà vedere un giorno che i comportamenti utili non hanno di per sé alcun valore, che solo i comportamenti gloriosi arrecano luce alla vita”
(Bataille)

Prima le essenze, poi le cose, in ultima, ancora, le essenze. Aveva ragione Platone. A nessuno dei suoi detrattori è riuscito di confutarne l’idea. Sembrava facile, ci hanno provato, inutile appellarsi a Socrate, peggio ancora a un realismo volgare. È ancora il più grande. L’iperuranio è dentro di noi. È già successo a ognuno di noi: a un certo punto abbiamo visto qualcosa per la prima volta, come se fosse la seconda, e dunque come l’avessimo già vista un’altra volta. Era la prima volta, ma l’avevamo già vista! Quando ho visto per la prima volta il lavoro di Joseph Rossi, non era la prima volta: non l’avevo mai visto prima, eppure era come se l’avessi da qualche parte già visto, ne avessi saputo o ne sapessi qualcosa. Nel mio iperuranio era tutto vero, tutto già visto: vero che Gandhi, il suo nome fosse bianco, e l’anima, la sua tunica bianca, poi dopo ne ricevesse i colpi di pistola. Il bianco o la sua anima erano certo la tunica, che peraltro a un certo punto ha voluto proprio indossare, indossando la quale indossava lo spirito della sua India. E anche i buchi che ne hanno attraversato la spoglia o il bianco dell’anima erano gli stessi che avevo immaginato già prima della notizia e al momento della notizia, e poi dopo, ogni volta che ci pensavo. Così, per tutti gli altri nomi.

Tutti questi eventi, l’assassinio dei Kennedy, di Martin Luther King, la stella di Che Guevara caduta dal firmamento visionario degli eroi di tutte le redenzioni popolari, sono avvenuti, avvenivano, che già li sapevamo: chi non ne ha assistito i fatti come se non li avesse già visti e previsti? L’idea è di Platone. Ma nessuno dei moderni aveva preso finora il catalogo della moderna industria del colore, la sua riduzione a dizionario primario delle gamme cromatiche elementari e ne aveva intuito la predestinazione filosofica: il bianco per Gandhi, il rosso per Che Guevara, il nero per Martin Luther King. Joseph Rossi ne sfoglia il manuale come se questo fosse stato già compilato, come se se ne sapesse o se ne fosse sempre saputa la catalogazione spirituale, e questo perché è lui stesso che in qualche modo ne ha sempre saputo la premeditazione e la predestinazione: l’estetica e la spiritualità, la vita e il sacro della morte, il destino e la predestinazione dell’io o il suo eroismo, devono essere sempre stati in qualche modo per lui una trasparenza originaria. Trasparenza di eventi e intendimenti. Pensiero e sovrappensiero, come si dice. Non si spiega diversamente l’essenzialità del risultato, la sua evidenza di soglia tra storicità del caso e fatalità simbolica: trasparenza del fatto e dell’idea spirituale del fatto. Ci sono artisti che fanno questo, sanno questo e ne vivono il realismo in termini di una certa veggenza. L’ironia della confezione commerciale, l’iperbole del marketing, la parabola versata nel linguaggio confinante del design, contro ogni tentazione profana della cosalità della cosa in forma di merce e di prodotto in forma del gusto di prodotto, ne realizzano al contrario il massimo della differenza visionaria, esprimendone piuttosto e idealmente l’immacolata concezione, e, per essa, la virginalità in sé dell’opera e nell’operazione. È il bello di questa osservazione: ognuna di queste confezioni formato industrial design – metallo verniciato cm. 65 x 90 x 9 – inventa per la prima volta una forma di lapide commemorativa insieme divertente e commovente, appassionata e giocata, profana e sacra. Rossi è uno che pensa, e ha il suo iperuranio.

È che quando pensa alla vita e alla storia dei migliori esempi di spiritualità ci pensa come se si trovasse di fronte a una iconografia a stampa di un certo turismo museale del sacro, per un’idea di rotocalco che perde del sangue, una replica del santino nella mistica di un valore tra spirituale e consumistico, religioso e edonistico. È come se attraverso la platealità del mercato e la sua esposizione fieristica, Rossi ne vivesse e ne godesse in trasparenza le storie tragiche e già consacrate del nostro tempo. In un’emozione attuale, e inattuale. Attuale, dato il gioco tecnico della confezione in forma di merce. Meglio per i tempi! Inattuale, data la mistica della cosa e contro la decadenza dei tempi. Peggio per i tempi! Eppure, se i tempi non corrono, questi sono nomi di eroi, solo che qui è l’estetica, più dell’etica, che s’incarica di crearne la memoria e di appoggiarne la storia simbolica alla filosofia delle essenze più moderne, nella doppia trasparenza della libido della merce e della mortido del sangue versato: se ne genera una nuova lista di colori e di nomi, di eroi e di cose estetiche, come se si dicesse: d’ora in poi il bianco ha un altro nome, più glorioso e più universale e sarà il Bianco Gandhi, il rosso avrà un altro nome più eroico e romantico e sarà il Rosso Che Guevara, il nero avrà il suo altro nome più severo e più ideale e sarà il Nero Martin Luther King. Per dire che questo noto artista del design, a furia di prendere la mira sui valori e sui segni, sui simboli e sui messaggi, sugli effetti e sulle funzioni – invece di passare attraverso la messa in scena della pittura per rappresentare la storia di queste vite – prende le vite e le assembla direttamente ai colori, secondo questa domanda: che colore è il bianco quando ha il significato del bianco più puro, che colore è il rosso quando ha il significato del rosso più forte, che colore è il nero quando ha il significato del nero più severo? alla quale, invece di rispondere con i soliti modi dell’offerta commerciale, risponde con la mistica di un’offerta ideale e universale.

Così che d’ora in poi per dire di un bianco che in pittura avrà il valore del bianco più puro si possa dire che sarà il Bianco Gandhi, per dire di un certo rosso che sarà d’ora in poi il rosso più forte si possa dire che sarà il Rosso Che Guevara, per dire di un certo nero in pittura che si possa dire il nero più severo e profondo si possa dire che sarà il Nero Martin Luther King… eccetera. È così che l’elenco puro e semplice dei colori diventa d’ora in poi e ogni volta una lista degli eroi più consacrati e dei nomi più gloriosi. Tutto ciò è platonico, perché sono le essenze della vita e dell’arte che si determinano le une con le altre, e fanno il gioco delle cose che ci sono prima e dopo nel mondo: è quasi il mito della caverna, guardiamo le ombre e ne intravediamo le esistenze. E, questo, a un passo da una proposta di marketing. L’iniziativa di Rossi ha poi il romanticismo raffinato e puro, rarefatto e sanguigno, schematico e ideale, insieme di un ésprit de géométrie e di un ésprit de finesse, per un’attualità come la nostra coniugata tra l’ossessione della brutta notizia e l’eccitazione di una promessa di redenzione. L’idea è semplice, legare un nome a un colore, mantenendo il contesto che ne ha storicizzato l’evento e il trauma dell’evento: ed è vero perché è vero che Gandhi porta dentro la sua immagine bianca i buchi dei quattro colpi di pistola. John Fitzgerald Kennedy nel blu della sua identità e personalità conserva i due colpi di fucile che sulla strada di Dallas ne hanno chiuso e riaperto per sempre il mito. Martin Luther King che nel nero della sua negritudine etnica mostra i tre punti dei proiettili, che ne hanno interdetto la predicazione e il sogno. Tra la mortificazione di un passato umiliato e ferito, e un futuro orientato a un’eredità blasonata e gloriosa.

Iulius 100 b.C. 65 x 90 x 9 cm
metallo verniciato

Iulius 44 b.C. 65 x 90 x 9 cm
metallo verniciato

Jesus 7 b.C. 65 x 90 x 9 cm
metallo verniciato

Jesus 26 65 x 90 x 9 cm
metallo verniciato

Gandhi 1869 65 x 90 x 9 cm
metallo verniciato

Gandhi 1948 65 x 90 x 9 cm
metallo verniciato

Mao 1893 65 x 90 x 9 cm
metallo verniciato

Benedetti Artisti
Grisignano di Zocco (Italia)

Aldo Moro 1916 65 x 90 x 9 cm
metallo verniciato

Aldo Moro 1978 65 x 90 x 9 cm
metallo verniciato

J.F.K. 1917 65 x 90 x 9 cm
metallo verniciato

J.F.K. 1963 65 x 90 x 9 cm
metallo verniciato

Mandela 1918 65 x 90 x 9 cm
metallo verniciato

R.F.K. 1925 65 x 90 x 9 cm
metallo verniciato

R.F.K. 1968 65 x 90 x 9 cm
metallo verniciato

Malcom X 1925 65 x 90 x 9 cm
metallo verniciato

Malcom X 1965 65 x 90 x 9 cm
metallo verniciato

Fidel 1926 65 x 90 x 9 cm
metallo verniciato

Che 1928 65 x 90 x 9 cm
metallo verniciato

Che 1967 65 x 90 x 9 cm
metallo verniciato

M.L.King 1929 65 x 90 x 9 cm
metallo verniciato

M.L.King 1968 65 x 90 x 9 cm
metallo verniciato

John 1940 65 x 90 x 9 cm
metallo verniciato

John 1980 65 x 90 x 9 cm
metallo verniciato

B.Bhutto 1953 65 x 90 x 9 cm
metallo verniciato

B.Bhutto 2007 65 x 90 x 9 cm
metallo verniciato

Obama 1961 65 x 90 x 9 cm
metallo verniciato

Masih 1983 65 x 90 x 9 cm
metallo verniciato

Masih 1995 65 x 90 x 9 cm
metallo verniciato

Naked Eyes Gallery _ Brighton Hove
DADA + 8 _ collective exhibition

Horsham UK
street exhibition